26 dicembre 2014

Nevrosi di guerra. Aleardo Salerni e la predisposizione originaria

Il primo conflitto mondiale fu un banco di prova per la psichiatria di primo Novecento che dovette affrontare la nevrosi di guerra sulla base di categorie diagnostiche tradizionali.
Ci furono diverse interpretazioni. Alcuni psichiatri sostenevano che la follia fosse una forma di fuga, anche voluta (in tal caso il soldato andava punito con terapie aggressive, come l'elettrochoc, per convincerlo che fosse meglio tornare al fronte). Altri abbracciarono la teoria della predisposizione originaria. Lo fece anche il dottor Aleardo Salerni, che curò i soldati di San Giacomo.

Nevrosi di guerra, il caso del San Giacomo di Tomba

«Cara mamma, non è vero che si combatte per la nuova civiltà, che anche il nostro esercito civile ha fatto delle cose che il buon Dio non l'ha mai predicato». La calligrafia scorre veloce nella lettera di Oreste De Angelis, soldato beneventano, che scrive alla madre dalla «casa di salute di Verona». È il 29 luglio 1917 e si trova al manicomio provinciale di San Giacomo di Tomba.
Qui, dove oggi sorge il policlinico «G.B.Rossi» di Borgo Roma, tra il 1915 e il 1918, furono ricoverati 679 soldati come Oreste, scesi dalle trincee della Grande Guerra e mandati in osservazione dall'ospedale militare di Verona: avevano dato segni di cedimento nervoso e bisognava valutare se fossero simulatori o vittime di quello stato psichico che ancora non si definiva «nevrosi di guerra».

18 novembre 2014

Le tre medaglie del colonnello Fincato


La ferocia gli negò il sepolcro, ma non la gloria degli eroi. Lo si legge sulla lapide di piazzetta Martiri della libertà a Verona, vicino al teatro Romano, dove il rumore dell'Adige accompagna il ricordo di chi può essere, senz'ombra di dubbio e di retorica, ritenuto simbolo di una società migliore. È il ricordo del colonnello degli alpini Giovanni Fincato che nel mese di ottobre viene ricordato per la sua nascita, il 3 del mese del 1891, e per il tragico martirio che pose fine alla sua vita il 6 ottobre del 1944, per mano di italiani dell'ufficio di polizia fascista di Verona che lasciarono una vedova e sei figli piccoli a portare nel nome l'onore di questa grande figura.

26 ottobre 2014

Achille Papa, Generale tra i soldati

«Costante esempio di coraggio e ardimento alla sua divisione, veniva colpito a morte dal piombo nemico mentre, impavido, dalla prima linea della posizione da esso conquistata, preparava nuovi gloriosi cimenti alle sue truppe vittoriose. Na Kobil (Bainsizza), 5 ottobre 1917». Al netto della retorica del novembre 1917, quando furono scritte queste parole, resta il reale valore della persona alla quale furono dedicate: il generale Achille Papa.

22 agosto 2014

Carlo Emilio Gadda e la Grande Guerra (a Verona)


È il 1917. L'8 febbraio un giovane tenente alpino, che diventerà dopo la guerra uno dei maggiori prosatori del Novecento, è giunto a Verona. Ha preso una stanza in una pensione privata, in via Scrimiari 44, della famiglia Contolini. A colazione e a pranzo va al Circolo Militare. È Carlo Emilio Gadda, partito per il fronte due anni prima, arruolandosi volontario nel 5° Alpini, 470° reparto mitragliatrici.

L'Archivio Liberati di Villafranca

A oltre quarant'anni dalla sua morte, Verona resta una seconda casa per Carlo Emilio Gadda (nella foto vestito da alpino, col fratello Enrico), legato alla città scaligera per diversi aspetti. Era nato a Milano nel 1893, morì nel 1973 a Roma, dove visse per molti anni in via Blumensthil 19, sepolto poi al cimitero del Testaccio. Ma suo cognato, Paolo Ambrosi, marito della sorella Clara, aveva una villa a Cavalcaselle. La madre, Adele Lehr, aveva vissuto a Verona e nel 1930, proprio qui, Gadda pubblicò su L'Arena la recensione de «Il vento tra le case», opera dell'amico Tecchi Bonaventura che aveva conosciuto durante la prigionia in Germania.

28 luglio 2014

Trincee, il fronte mai aperto della Lessinia


 «Quante di queste strade di montagna, che ora le automobili di lusso, per il piacere di tanti oziosi, percorrono in fretta lasciandosi dietro un'effimera scia d'ammirazioni e d'esclamazioni, sono state costruite da uomini che venivano da patimenti e dai pericoli delle trincee». Scrive Giani Stuparich, letterato irredento triestino, arruolatosi col fratello Carlo nell'esercito italiano per il fronte della Grande Guerra, pur dovendo vestire la divisa dell'Austria Ungheria.

I fratelli Stuparich e Podestaria

di Maria Vittoria Adami, Verona Fedele - 20 luglio 2014
Carlo e Giani Stuparich, giovani letterati cresciuti nella Trieste di Saba e Svevo e spiriti irredenti, avevano maturato l'ideale dell'italianità della loro terra studiando a Firenze e frequentando, con Scipio Slataper, gli ambienti letterari de «La Voce» di Prezzolini. Fratelli inseparabili, si arruolarono volontari nell'esercito italiano, nonostante la chiamata alle armi provenisse dall'impero Austroungarico. I primi mesi di combattimenti per loro furono tragici, inviati subito nelle trincee del Carso e sulla Rocca di Monfalcone.

7 luglio 2014

La Grande Guerra secondo Bubola


 di Maria Vittoria Adami, Verona Fedele, 6 luglio 2014

«Buche imbottite di fanti, minuscole ampolle di vita in quel cimitero senza nome» di «morti insepolti e vivi sepolti» sono le trincee narrate da Carlo Salsa, l'autore di uno dei più toccanti volumi di memorie della Grande Guerra, «Trincee», che ben descrive l'inenarrabile accaduto cento anni fa tra gallerie ad alta quota rubate alla roccia e in cunicoli di fango, dove dalle «pareti pantanose» affioravano «scarpe chiodate, involti rigonfi, dita adunche di gente sepolta o sprofondata lentamente nella terra» e dove un ginocchio dissotterrato per metà serviva come punto di ritrovo durante la notte, per la distribuzione del caffè e dei viveri: era «il caffè del Genoeucc» per i soldati lombardi.

28 giugno 2014

28 giugno 1914


 È un anonimo angolo di strada oggi, quello tra la via Zelenih Beretki e il viale che costeggia la Miliacka, il fiume di Sarajevo. Uno spigolo qualsiasi dal quale cambiarono la storia e le geografie dell'Europa, in un concatenarsi di effetti e insoluti che tuttora riaffiorano ogni volta che si ingaggia una guerra per un confine conteso o mai definito.
Da quell'angolo di Sarajevo, il 28 giugno di 100 anni fa, due colpi di Browning, sparati dal giovane serbo di Bosnia Gavrilo Princip, colpirono a morte l'erede al trono dell'impero d'Austria-Ungheria, Francesco Ferdinando, e la moglie Sofia, scoperchiando il calderone ribollente dell'Europa, che deflagrò nella prima guerra mondiale.

22 giugno 2014

Ad Asiago paesaggi di guerra


di Maria Vittoria Adami, L'Arena, 21 giugno 2014

Le alluvioni riportano a galla le mine del conflitto che lacerò i Balcani negli anni Novanta, come le maree in Normandia dal fondo limaccioso dell'oceano rigurgitano sulle spiagge cingoli arrugginiti di anfibi americani. È la natura, che rende all'uomo ciò che egli stesso ha conficcato nella terra, disperso in mare o incastonato nella roccia di montagna, guerra dopo guerra. Abbracciando armamenti e casematte con grovigli di boschi o seppellendoli nel sottosuolo sotto manti d'erba, la natura ha sempre posto rimedio agli squilibri provocati dall'uomo, in un difficile compromesso che si è complicato dove il conflitto ha fatto irruzione non solo nell'ecosistema, ma nel mondo civile, debordando dai fronti.

15 giugno 2014

Grande Guerra. Non è mai finita


di Maria Vittoria Adami, L'Arena - 25 maggio 2014

Il tempo scorre, ma il passato non passa; è un assioma in geopolitica, che non può non ritornare se l'oggetto dell'analisi è l'Europa a cento anni dallo scoppio della Grande Guerra, tema centrale quest'anno del festival internazionale «èStoria» di Gorizia. E l'assioma ci dice che i proverbiali «corsi e ricorsi storici» altro non sono che l'irrisolto che continuamente torna a galla da un secolo; da quando un calderone incandescente deflagrò per i due colpi di Browning esplosi dal giovane Gavrilo Princip, contro l'erede al trono dell'impero austroungarico Francesco Ferdinando. Che questi cento anni siano trascorsi all'insegna di equilibri geopolitici definiti nel 1919 con la firma del Trattato di Versalilles è pura illusione.

1 giugno 2014

Verde Herzegovina

Se fosse un colore, l'Herzegovina sarebbe il verde. Non tanto, o non solo, per i folti boschi che si attraversano, su e giù per pendii e montagne, quanto per il colore dell'acqua di fiumi come la Neretva.
Accompagnare questo possente, lento e affascinante corso d'acqua dalle sorgenti al mare è un viaggio che fa bene al cuore, tra anse placide, rapide improvvise, ponti antichi, colossali centrali elettriche e montagne secolari dal colore metallico.

20 maggio 2014

Il museo della guerra «sgarrupato» e c'è un perché...


Sulla Zmaja od Bosne c'è un palazzo bianco e nero, degli anni Settanta, lugubre (almeno se lo si vede con la pioggia) e sgangherato. È di fianco al museo nazionale e durante l'assedio di Sarajevo fu bersagliato e danneggiato dalle granate, come tanti altri palazzi. Così la copertura di lastre di marmo sulla fiancata cade a pezzi; la gradinata è traballante e scheggiata.
L'edificio ospita il museo della guerra degli anni Novanta (foto) ed è stato lasciato così com'è – apparentemente pericolante – per dare l'idea al visitatore delle conseguenze di un conflitto.

9 maggio 2014

Riapre la biblioteca di Sarajevo

Bombardata e incendiata il 25 agosto 1992, la biblioteca nazionale di Sarajevo, che custodiva i documenti più antichi della cultura bosniaca, oggi riapre i battenti dopo 18 anni di restauro. 

8 maggio 2014

Il tunnel di Sarajevo


Il tram numero 3 gira ad anello e dalla Baščaršija percorre tutto il centro, esce verso la periferia, passa davanti all'Holiday Inn, per finire nel quartiere termale di Ilidža, dai grandi hotel di retaggio asburgico. È il capolinea. Da qui, prendendo un taxi, per pochi euro, si può raggiungere un borgo di case sperduto, a ridosso delle piste dell'aeroporto. È Butmir, il villaggio del tunnel.
Ci arrivo con la neve. Il giorno prima c'era sole, ma vedere questo posto isolato, con i fiocchi mescolati alla pioggia e un vento sferzante, aiuta a capire tante cose.

27 aprile 2014

Sarajevo, tre anni di assedio mentre il mondo "dormiva"



(di Maria Vittoria Adami, Verona fedele, 27 aprile 2014)

I fiori sono freschi al monumento sulla Maršala Tita, dedicato agli oltre 1600 bambini morti durante l'assedio di Sarajevo, cominciato il 6 aprile di 22 anni fa. Pur passata per le lacerazioni post conflitto di definizione di colpe e colpevoli – passaggio obbligato delle guerre civili – Sarajevo è una città ricostruita oggi, che va avanti e che ricorda.

17 aprile 2014

Ćevapčići e caffè turco


Quando il tram sferragliante si ferma alla Baščaršija e i pedoni frettolosi sparigliano nugoli di piccioni davanti al Sebilj, è l'inebriante fumo di grill e ćevapčići a dare il benvenuto ai turisti. Inebriante finché non si arriva a fine giornata cogliendo, dopo una doccia, note di muflone affumicato sui vestiti...
Il Sebilj, che sembra un'edicola ma è una fontana del 1891, è il primo saluto orientaleggiante di Sarajevo, che con la Baščaršija svela la sua atmosfera turco-asburgica. Attraversando la piazza, lasciandosi la moschea sulla sinistra e le sei cupole della Bursa Bezista (l'antico bazar della seta) sulla destra, si segue il fumo imboccando una viuzza di taverne e ristorantini.

16 aprile 2014

Arrivo a Sarajevo


Che dire? Quando la Sava ammiccante per il sole del tardo pomeriggio, coi suoi barconi adagiati sulle acque quiete, mi ha dato il benvenuto, mi sono sentita a casa. Non c'è niente di accogliente alla frontiera di Slavonski Brod, col suo asfalto a balze, raggrinzito come un tessuto dal passaggio dei tir, e quei primi cinquanta chilometri di colline e case sventrate e abbandonate, che aspettano chi fa ingresso in Bosnia. Eppure i luccichini accecanti del fiume che ti sfiorano la faccia e i pochi minuti di attesa alla frontiera, quando solo il frammento di tempo di un timbro ti separa dalla meta, sono il preludio dell'arrivo in un luogo caro.

12 aprile 2014

Redipuglia

Adoro questo posto. Per il silenzio, per la pace, per la suggestione, per il vento, per le prospettive e le linee rette verso i punti di fuga... Messa da parte la gelosia per un luogo che sento «mio», vedere un viavai di gente oggi, stranamente numeroso e rispettoso dei gradoni immobili e delle spoglie che proteggono, faceva bene al cuore...
(FOTO Redipuglia)

Dove parlo di storia questa settimana

Martedì 3 dicembre alle 21 chiacchiero su Lucia con la professoressa Isabella Roveroni . Saremo al centro sociale di Quaderni di Villafranca...