A
oltre quarant'anni dalla sua morte, Verona resta una seconda casa per
Carlo Emilio Gadda (nella foto vestito da alpino, col fratello Enrico), legato alla città scaligera per diversi aspetti.
Era nato a Milano
nel 1893, morì nel 1973 a Roma, dove visse per molti anni in via
Blumensthil 19, sepolto poi al cimitero del Testaccio. Ma suo
cognato, Paolo Ambrosi, marito della sorella Clara, aveva una villa a
Cavalcaselle. La madre, Adele Lehr, aveva vissuto a Verona e nel
1930, proprio qui, Gadda pubblicò su L'Arena la recensione de «Il
vento tra le case», opera
dell'amico
Tecchi Bonaventura che
aveva conosciuto durante la prigionia in Germania.
Ma
il legame più importante, oggi, è quello con l'archivio Liberati, a
Villafranca di Verona, miniera d'oro per gli studiosi di
letteratura, grazie ai suoi inediti, manoscritti, prime stesure di
opere importanti e abbozzi di scritti del prosatore del Novecento,
come quello di «Quer pasticciaccio brutto de via Merulana» o «Eros
e Priapo», trovato fortunosamente in una scatola da scarpe che si
voleva gettare. L'archivio stesso ha una storia da romanzi d'altri
tempi.
Tutto
cominciò da un'anziana signora, Giuseppina Liberati, che nell'ultimo
decennio di vita di Gadda gli fece da governante. Persona cara e
dedita a quell'uomo senza famiglia, in perenne sofferenza interiore,
fu da lui stesso nominata sua unica erede. Quando Gadda morì,
scritti e oggetti personali andarono a lei che mise tutto in un baule
e se ne tornò al suo paese d'origine: Ferentino, in provincia di
Frosinone, dove morì nel 2003. Per quel baule prezioso iniziò una
nuova storia. Giuseppina aveva un fratello, Giovanni, villafranchese
d'adozione, il quale ebbe un figlio, Arnaldo, che ha rinvenuto il
baule in casa della zia e lo ha portato a Villafranca. Oggi, il
dottor Arnaldo Liberati, studioso del periodo napoleonico e
collezionista di libri e antichi cimeli, resta il custode di quel
patrimonio visitato da ricercatori, letterati e giovani studenti
universitari.
In
casa della signora Giuseppina, Liberati trovò anche manoscritti e
incartamenti in ogni dove a cominciare dal primo manoscritto di «Eros
e Priapo» che si riteneva scomparso e che l'università di Siena
tentava di digitalizzare, lavorando su vecchie copie fotostatiche. Il
suo ritrovamento ha messo in discussione tutti gli studi fatti sinora
su quel testo, che sarà pubblicato entro il 2015 da Adelphi.
Liberati,
infatti, ha deciso di ridare luce alla penna di Gadda, mai pienamente
celebrata in Italia, cercando una casa editrice che lo valorizzasse e
restituendo al pubblico uno scrigno di documenti preziosi. Ha
risposto l'editrice milanese
che sta rieditando tutti i suoi titoli.
Nel
fondo Liberati ci sono manoscritti di volumi editi e inediti,
sconosciuti nella loro versione originale: Gadda ritornava sul testo
continuamente, modificandolo e trasformandolo. E c'è la
corrispondenza tra lo scrittore e i maggiori esponenti del Novecento
intellettuale italiano, case editrici comprese. Quasi cinquemila
missive ricevute e spedite, tra il 1912 e il 1973. Tra i mittenti:
Montale, Rigoni Stern, Bonaventura, Arbasino... Ma non è tutto. Nei
cassetti degli armadi e nei posti più impensati Giuseppina Liberati
aveva custodito oggetti personali, come la macchina per scrivere o
l'orologio da polso, il premio Penna d'oro del 1970 e la targa di
partecipazione al Campiello (dello stesso anno), l'enciclopedia
Treccani, 800 libri di narrativa, l'armonica a bocca. E questo
patrimonio, oggi, è a disposizione di chi vuole studiare l'autore.
di Maria Vittoria Adami - Verona Fedele, 3 agosto 2014
Le foto sono state scattate nell'archivio Liberati di Villafranca, per gentile concessione del dottor Arnaldo Liberati.
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