26 ottobre 2014

Achille Papa, Generale tra i soldati

«Costante esempio di coraggio e ardimento alla sua divisione, veniva colpito a morte dal piombo nemico mentre, impavido, dalla prima linea della posizione da esso conquistata, preparava nuovi gloriosi cimenti alle sue truppe vittoriose. Na Kobil (Bainsizza), 5 ottobre 1917». Al netto della retorica del novembre 1917, quando furono scritte queste parole, resta il reale valore della persona alla quale furono dedicate: il generale Achille Papa.

Sono le righe di motivazione della medaglia d'oro al valor militare conferitagli dopo la morte sopraggiunta per mano di un cecchino austriaco sulla Bainsizza il 5 ottobre dell'annus horribilis della Grande guerra.
Nato a Desenzano del Garda il 23 settembre 1863, gli storici annoverano Papa tra i generali che spiccarono dalle gerarchie militari, a ragione spesso duramente criticate, per imporsi tra i graduati che seppero giungere al cuore dei soldati, perché sempre in prima linea con loro. Era noto il suo voler essere sul campo, a sovrintendere i lavori di trinceramento e rafforzamento del sistema difensivo, dall'Altipiano di Asiago al Pasubio fino alla Bainsizza, dove trovò la morte all'alba del 5 ottobre 1917, proprio mentre era in sopralluogo sui posizionamenti di quota 800 di Na Kobil.
«La grandezza del condottiero andava di pari passo con la grandezza dell'uomo – spiega lo storico scaligero Stefano Biguzzi, presidente dell'istituto per la Storia della Resistenza di Verona –. Documenti epistolari e testimonianze dirette ci restituiscono un uomo di altissima levatura morale e dedizione al dovere. Rifiutò come cosa superflua qualsiasi agio connesso al suo grado, nella costante ricerca di aspre fatiche per esser d'esempio ai suoi sottoposti. Nell'ansia, soprattutto, di preservare i suoi soldati da vani sacrifici». Scrisse Papa: «Lotterò sempre per ottenere [di poter guidare il mio reggimento] razionalmente, evitando perdite inutili». Lontano dal trionfalismo della retorica e conscio della grande tragedia che incarnava il conflitto, Papa fu uomo di bontà e pietà tali da penetrare nell'animo dei soldati che lo ricambiarono con estrema fedeltà, affetto e devozione che commossero il generale, come egli stesso ebbe modo di osservare.
Papa fu tra quei «vertici di eccellenza – li definisce Biguzzi – che seppero staccarsi, come Caviglia, Giardino, Gonzaga e Fara, dal basso profilo delle gerarchie militari in grigioverde» che condussero l'esercito italiano nello stillicidio della Grande guerra.
Affezionato alla sua Desenzano, Papa frequentò la scuola militare di Modena. Nel 1882 era sottotenente quando fu assegnato al 47° fanteria. Prestò servizio al 5° e al 4° Reggimento Alpini per poi tornare definitivamente in fanteria dove proseguì la carriera militare. Fino alla guerra.
Quando il 24 maggio 1915 l'Italia invia i suoi soldati «alla fronte», Papa è colonnello comandante dell’81° fanteria (Brigata Torino), in Cadore, a capo del suo reggimento. Il battesimo del fuoco è per lui sul Col di Lana: sei mesi ininterrotti in prima linea, per la conquista del Buchenstein e l'attacco al Sasso di Stria. A fine anno è generale, al comando della Brigata Liguria, dislocata nell'alto Isonzo, con la quale tra febbraio e aprile 1916 porta a termine azioni vittoriose sul Mrzli e sul Vodil. Due mesi dopo la brigata si distingue ancora, per la strenua difesa di un costone dell'Altopiano di Asiago, sul quale viene trasferita dopo i primi colpi della Strafe-Expedition: la spedizione punitiva austroungharica ingaggiata nel maggio del 1916 per castigare il «tradimento» dell'Italia schieratasi con l'Intesa e contro gli Imperi centrali. L'offensiva austriaca punta a penetrare dal Trentino nelle pianure venete aggirando e colpendo alle spalle il fronte italiano sull'Isonzo. Ma l'azione è neutralizzata e l'Italia passa alla controffensiva. Il 3 giugno la brigata Liguria è assegnata al Comando truppe Altipiani e si porta in prima linea. Tre giorni dopo, il generale Papa la attesta sul monte Zovetto. «Alle estreme pendici meridionali dell'Altopiano di Asiago oppone un'epica e disperata resistenza agli ultimi furiosi colpi di coda dell'offensiva nemica – continua Biguzzi –. Il 14, 15 e 16 giugno, su quelle che a ragione verranno chiamate le Termopili d'Italia, Papa e i suoi uomini inchiodano a prezzo di sacrifici sovrumani le armate austroungariche in condizioni di pesante inferiorità numerica: due reggimenti contro quattro rinforzati da due battaglioni di Kaiserjäger, otto pezzi da montagna contro 250 bocche da fuoco. Danno prova di un eroismo che vale al 157° e 158° Fanteria la medaglia d'oro al valor militare».
Ma c'è poco tempo per riposare. La brigata è già in presidio sul Pasubio, dove Papa si rivela ancora abile comandante attrezzando quell'insieme di rilievi montuosi e altipiani con complesse opere logistico-difensive, sino a trasformarlo in un baluardo munito e attrezzato di strade d'accesso defilate dal tiro nemico, acquedotti, ricoveri in caverna e una rete di gallerie e trincee scavate nella roccia. Quel baluardo inespugnabile è teatro di sanguinose e vittoriose azioni condotte da Papa con le sue unità sul Coston di Lora, sul Dente del Pasubio e verso l'Alpe di Cosmagnon.
Il 1916 si chiude con un duro inverno. Papa è coi suoi soldati in trincea. Quando arriva la primavera assume il comando della 44ma Divisione. È il 1917 e può restare a stretto contatto con la sua «Liguria» alla quale è ormai vincolato da un forte legame affettivo. E l'Isonzo chiama. A metà agosto la divisione viene trasferita sulla Bainsizza, l'altopiano conquistato dopo l'ultima sanguinosa “spallata” sulle acque del fiume verde smeraldo. «Il 29 settembre Papa esegue con successo l'ordine di prendere la quota 800 di Na Kobil, caposaldo che assicurava il controllo sulla sezione superiore del Vallone di Chiapovano – conclude Biguzzi –. Fedele all'imperativo di essere sempre in prima linea con i suoi soldati, di “andare a vedere”, il generale si reca sulle nuove posizioni per sovrintendere i lavori di trinceramento. E il 5 ottobre, durante uno di questi sopralluoghi, un proiettile esplosivo sparato da un cecchino austriaco gli squarcia il polmone destro. Ricoverato all'ospedale da campo, spira qualche ora più tardi».
Oggi è sepolto al sacrario militare di Oslavia. Oltre alla medaglia d'oro al valor militare, aveva ricevuto quella d'argento per la difesa del Pasubio e quella all'Ordine militare di Savoia per l’impresa dello Zovetto.
Sul monte Gomila (a 816 metri) sulla Bainsizza (Nova Gorica) c'è un monumento a piramide in suo onore, recentemente entrato a far parte del «parco della Pace del Sabotino». Desenzano lo ricorda, invece, con un monumento e gli ha intitolato una scuola elementare. Portano il suo nome anche il rifugio sul Pasubio, nella zona sacra delle 52 gallerie (la trentunesima è a lui dedicata), e l'ex caserma di Brescia sede del 20° battaglione di fanteria meccanizzata "Monte San Michele". La regia marina gli intitolò, infine, un cacciatorpediniere varato nel 1921 e affondato nel 1943.

di Maria Vittoria Adami, Verona Fedele, 28 settembre 2014

Tra il febbraio e il novembre 1917 fu realizzata la mulattiera delle 52 gallerie del Pasubio. La strada permetteva la comunicazione e il passaggio dei rifornimenti dalle retrovie italiane alla zona sommitale del Pasubio, dove correva la prima linea, al riparo dal fuoco nemico.
La mulattiera fu realizzata dalla 33ma compagnia del 5° reggimento del Genio ed è lunga sei chilometri e mezzo, dei quali 2.335 metri in lunghe gallerie scavate nella roccia da sei centurie di soldati, tutte numerate e dedicate a brigate, generali e militari. La trentunesima, di 72 metri, è dedicata al generale Achille Papa, come il rifugio al termine del percorso, che inizia a Bocchetta Campiglia (1.216 metri) e finisce a Porte del Pasubio (1.928).

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