Sono le righe di motivazione della medaglia d'oro al valor militare conferitagli dopo la morte sopraggiunta per mano di un cecchino austriaco sulla Bainsizza il 5 ottobre dell'annus horribilis della Grande guerra.
Nato a
Desenzano del Garda il 23 settembre 1863, gli storici annoverano Papa
tra i generali che spiccarono dalle gerarchie militari, a ragione
spesso duramente criticate, per imporsi tra i graduati che seppero
giungere al cuore dei soldati, perché sempre in prima linea con
loro. Era noto il suo voler essere sul campo, a sovrintendere i
lavori di trinceramento e rafforzamento del sistema difensivo,
dall'Altipiano di Asiago al Pasubio fino alla Bainsizza, dove trovò
la morte all'alba del 5 ottobre 1917, proprio mentre era in
sopralluogo sui posizionamenti di quota 800 di Na Kobil.
«La
grandezza del condottiero andava di pari passo con la grandezza
dell'uomo – spiega lo storico scaligero Stefano
Biguzzi, presidente
dell'istituto per la Storia della Resistenza di Verona –. Documenti
epistolari e testimonianze dirette ci restituiscono un uomo di
altissima levatura morale e dedizione al dovere. Rifiutò come cosa
superflua qualsiasi agio connesso al suo grado, nella costante
ricerca di aspre fatiche per esser d'esempio ai suoi sottoposti.
Nell'ansia, soprattutto, di preservare i suoi soldati da vani
sacrifici». Scrisse Papa: «Lotterò sempre per ottenere [di poter
guidare il mio reggimento] razionalmente, evitando perdite inutili».
Lontano dal trionfalismo della retorica e conscio della grande
tragedia che incarnava il conflitto, Papa fu uomo di bontà e pietà
tali da penetrare nell'animo dei soldati che lo ricambiarono con
estrema fedeltà, affetto e devozione che commossero il generale,
come egli stesso ebbe modo di osservare.
Papa fu tra
quei «vertici di eccellenza – li definisce Biguzzi – che seppero
staccarsi,
come Caviglia, Giardino, Gonzaga e Fara,
dal basso profilo delle gerarchie militari in grigioverde» che
condussero l'esercito italiano nello stillicidio della Grande guerra.
Affezionato
alla sua Desenzano, Papa frequentò la scuola militare di Modena. Nel
1882 era sottotenente quando fu assegnato al 47° fanteria. Prestò
servizio al 5° e al 4° Reggimento Alpini per poi tornare
definitivamente in fanteria dove proseguì la carriera militare. Fino
alla guerra.
Quando il
24 maggio 1915 l'Italia invia i suoi soldati «alla fronte», Papa è
colonnello comandante dell’81° fanteria (Brigata Torino), in
Cadore, a capo del suo reggimento. Il battesimo del fuoco è per lui
sul Col di Lana: sei mesi ininterrotti in prima linea, per la
conquista del Buchenstein
e l'attacco al Sasso di Stria. A fine anno è generale, al comando
della Brigata Liguria, dislocata nell'alto Isonzo, con la quale tra
febbraio e aprile 1916 porta a termine azioni vittoriose sul Mrzli e
sul Vodil. Due mesi dopo la brigata si distingue ancora, per la
strenua difesa di un costone
dell'Altopiano di Asiago, sul quale viene trasferita dopo i primi
colpi della Strafe-Expedition: la spedizione punitiva austroungharica
ingaggiata nel maggio del 1916 per castigare il «tradimento»
dell'Italia schieratasi con l'Intesa e contro gli Imperi centrali.
L'offensiva austriaca punta a penetrare dal Trentino nelle pianure
venete aggirando e colpendo alle spalle il fronte italiano
sull'Isonzo. Ma l'azione è neutralizzata e l'Italia passa alla
controffensiva. Il 3 giugno la brigata Liguria è assegnata al
Comando truppe Altipiani e si porta in prima linea. Tre giorni dopo,
il generale Papa la attesta sul monte Zovetto. «Alle estreme pendici
meridionali dell'Altopiano di Asiago oppone un'epica e disperata
resistenza agli ultimi furiosi colpi di coda dell'offensiva nemica –
continua Biguzzi –. Il 14, 15 e 16 giugno, su quelle che a ragione
verranno chiamate le Termopili d'Italia, Papa e i suoi uomini
inchiodano a prezzo di sacrifici sovrumani le armate austroungariche
in condizioni di pesante inferiorità numerica: due reggimenti contro
quattro rinforzati da due battaglioni di Kaiserjäger, otto pezzi da
montagna contro 250 bocche da fuoco. Danno prova di un eroismo che
vale al 157° e 158° Fanteria la medaglia d'oro al valor militare».
Ma c'è
poco tempo per riposare. La brigata è già in presidio sul Pasubio,
dove Papa si rivela ancora abile comandante attrezzando quell'insieme
di rilievi montuosi e altipiani con complesse opere
logistico-difensive, sino a trasformarlo in un baluardo munito e
attrezzato di strade d'accesso defilate dal tiro nemico, acquedotti,
ricoveri in caverna e una rete di gallerie e trincee scavate nella
roccia. Quel baluardo inespugnabile è teatro di sanguinose e
vittoriose azioni condotte da Papa con le sue unità sul Coston di
Lora, sul Dente del Pasubio e verso l'Alpe di Cosmagnon.
Il 1916 si
chiude con un duro inverno. Papa è coi suoi soldati in trincea.
Quando arriva la primavera assume il comando della 44ma Divisione. È
il 1917 e può restare a stretto contatto con la sua «Liguria» alla
quale è ormai vincolato da un forte legame affettivo. E l'Isonzo
chiama. A metà agosto la divisione viene trasferita sulla Bainsizza,
l'altopiano conquistato dopo l'ultima sanguinosa “spallata” sulle
acque del fiume
verde smeraldo. «Il 29
settembre Papa esegue con successo l'ordine di prendere la quota 800
di Na Kobil, caposaldo che assicurava il controllo sulla sezione
superiore del Vallone di Chiapovano – conclude Biguzzi –. Fedele
all'imperativo di essere sempre in prima linea con i suoi soldati, di
“andare a vedere”, il generale si reca sulle nuove posizioni per
sovrintendere i lavori di trinceramento. E il 5 ottobre, durante uno
di questi sopralluoghi, un proiettile esplosivo sparato da un
cecchino austriaco gli squarcia il polmone destro. Ricoverato
all'ospedale da campo, spira qualche ora più tardi».
Oggi è
sepolto al sacrario militare di Oslavia. Oltre alla medaglia d'oro al
valor militare, aveva ricevuto quella d'argento per la difesa del
Pasubio e quella all'Ordine militare di Savoia per l’impresa dello
Zovetto.
Sul monte
Gomila (a 816 metri) sulla Bainsizza (Nova Gorica) c'è un monumento
a piramide in suo onore, recentemente entrato a far parte del «parco
della Pace del Sabotino». Desenzano lo ricorda, invece, con un
monumento e gli ha intitolato una scuola elementare. Portano il suo
nome anche il rifugio sul Pasubio, nella zona sacra delle 52 gallerie
(la trentunesima è a lui dedicata), e l'ex caserma di Brescia sede
del 20° battaglione di fanteria meccanizzata "Monte San
Michele". La regia marina gli intitolò, infine, un
cacciatorpediniere varato nel 1921 e affondato nel 1943.
di Maria Vittoria Adami, Verona Fedele, 28 settembre 2014
di Maria Vittoria Adami, Verona Fedele, 28 settembre 2014
Tra
il febbraio e il novembre 1917 fu realizzata la mulattiera delle 52
gallerie del Pasubio. La strada permetteva la comunicazione e il
passaggio dei rifornimenti dalle retrovie italiane alla zona
sommitale del Pasubio, dove correva la prima linea, al riparo dal
fuoco nemico.
La
mulattiera fu realizzata dalla 33ma compagnia del 5° reggimento del
Genio ed è lunga sei chilometri e mezzo, dei quali 2.335 metri in
lunghe gallerie scavate nella roccia da sei centurie di soldati,
tutte numerate e dedicate a brigate, generali e militari. La
trentunesima, di 72 metri, è dedicata al generale Achille Papa, come
il rifugio al termine del percorso, che inizia a Bocchetta Campiglia
(1.216 metri) e finisce a Porte del Pasubio (1.928).
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