Ci furono diverse interpretazioni.
Alcuni psichiatri sostenevano che la follia fosse una forma di fuga,
anche voluta (in tal caso il soldato andava punito con terapie
aggressive, come l'elettrochoc, per convincerlo che fosse meglio
tornare al fronte). Altri abbracciarono la teoria della
predisposizione originaria. Lo fece anche il dottor Aleardo Salerni,
che curò i soldati di San Giacomo.
Il medico riconobbe in pochissimi casi la «causa di guerra» alla base della loro nevrosi, perché considerava quei soldati «destinati» alla follia: le difficoltà della vita al fronte avevano in realtà fatto emergere una predisposizione latente. Propose per loro la riforma, non ritenendoli in grado di combattere, e puntando il dito su chi aveva selezionato l'esercito arruolando persone «inadatte». La riforma, per Salerni, aveva un duplice scopo: tutelare la salute dei combattenti ed eliminare le difficoltà di amministrazione dell'esercito «depurandolo» dai soggetti non idonei al servizio militare.
Il medico riconobbe in pochissimi casi la «causa di guerra» alla base della loro nevrosi, perché considerava quei soldati «destinati» alla follia: le difficoltà della vita al fronte avevano in realtà fatto emergere una predisposizione latente. Propose per loro la riforma, non ritenendoli in grado di combattere, e puntando il dito su chi aveva selezionato l'esercito arruolando persone «inadatte». La riforma, per Salerni, aveva un duplice scopo: tutelare la salute dei combattenti ed eliminare le difficoltà di amministrazione dell'esercito «depurandolo» dai soggetti non idonei al servizio militare.
Per questo, anche per la cura, la
misura più urgente era l'allontanamento dalla trincea. Salerni
propose spesso, per i suoi soldati, un lungo periodo di convalescenza
e riposo in famiglia.
Catalogando le malattie dei militari
secondo le categorie diagnostiche tradizionali, le curò poi
altrettanto tradizionalmente, con elettrochoc, ipnosi, ma anche col
riposo, appunto, e l'ergoterapia: il lavoro. Eretto nel 1880,
infatti, il San Giacomo nacque come colonia agricola ed era una sorta
di villaggio autosufficiente, cinto da mura, con padiglioni per i
malati e alloggi per i medici con le famiglie, e sartoria,
calzoleria, locali per la tessitura, orti e pollai, dove erano
impiegati i pazienti.
La nevrosi si manifestava al fronte con
i primi atti di incoscienza del soldato: discorsi privi di senso,
scatti d'ira, fuga dal proprio posto, confusione. Veniva così
inviato all'ospedaletto da campo dove restava al massimo 15 giorni:
occorreva recuperare «materiale umano» da rispedire in trincea in
breve. Se i sintomi non sparivano, i soldati passavano agli ospedali
militari nelle retrovie, come quello di Verona, che a sua volta li
inviava in osservazione al San Giacomo. Chi veniva dimesso, tornava
all'ospedale e poi al fronte. Alcuni furono trasferiti in manicomi
della loro provincia, altri riformati, altri si suicidarono sulla via
di casa. E chi tornò in famiglia faticò a riprendere la vita di
prima, con parenti che non li riconoscevano più.
di Maria Vittoria Adami, da L'Arena, 7 settembre 2014
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