Quando il tram sferragliante si ferma
alla Baščaršija e i pedoni frettolosi sparigliano nugoli di
piccioni davanti al Sebilj, è l'inebriante fumo di grill e ćevapčići a dare il benvenuto ai turisti. Inebriante finché non
si arriva a fine giornata cogliendo, dopo una doccia, note di
muflone affumicato sui vestiti...
Il Sebilj, che sembra un'edicola ma è
una fontana del 1891, è il primo saluto orientaleggiante di Sarajevo, che con la Baščaršija svela la sua atmosfera turco-asburgica.
Attraversando la piazza, lasciandosi la moschea sulla sinistra e le
sei cupole della Bursa Bezista (l'antico bazar della seta) sulla
destra, si segue il fumo imboccando una viuzza di taverne e
ristorantini.
Quasi alla fine, c'è una ćevapčićarna gestita da
sole donne, che serve ćevapčići accompagnati con un bicchiere di yogurt, di acqua o di succo (niente
bevande alcoliche). È molto pulita e accogliente, coi mobili in
legno chiaro e i kilim sul pavimento. L'abbuffata chiama il caffè.
Bastano due passi nella via Sarači
(la principale strada che parte dalla piazza dei piccioni) per bere
un caffè turco in un'atmosfera da mille e una notte. Tra un negozio
di souvenir e una gioielleria, c'è un passaggio sulla destra che
porta a un porticato. È uno splendido caravanserraglio, dove su
poltroncine in vimini o divanetti imbottiti con cuscini variopinti,
ci si gode il caffè turco (accompagnato da un dolcetto da crisi
iperglicemica) e l'atmosfera... finché le orecchie reggono la musica
arabeggiante del Divan cafè. Ma a rendere il tutto suggestivo e
fiabesco è la Isfahan gallery: un incanto di tappeti e lanterne in
mosaico di vetro dalle luci soffuse e dai mille colori. Il negozio
occupa mezzo porticato e ci si inoltra tra pile di kilim e drappi,
sciarpe e lampade, da una stanza all'altra.
Usciti
dalla magia del serraglio, la moschea Gazi-Husrevbey dal cortile
arioso e la madrasa coi comignoli a punta riecheggiano al passato
ottomano della città, che pochi metri dopo, con la Ferhadija e le
palazzine di gusto viennese, alza il sipario sulla sua storia
asburgica. Non senza un retaggio dell'Est: qualche passo dopo il
perplesso Ivo Andrič, il cui busto campeggia in Trg Oslobodjenja,
richiamano l'attenzione dei passanti le urla dei giocatori di
scacchi. Usano il pavimento della piazza come scacchiera, sbraitando
e consigliando il giocatore che muove pedine giganti. Poco più in
là, parte il viale dedicato al Maresciallo Tito, dove una fiamma
eterna brucia a ricordo dei caduti della seconda guerra mondiale.
Chiudono il cerchio delle tante epoche passate per queste strade, le
Rose di Sarajevo e il colpo di mortaio conficcato nell'asfalto del
mercato coperto di Markale: ferite dell'ultimo conflitto.
FOTO
FOTO
Nessun commento:
Posta un commento