«Fin da subito», spiega Giardini, nel
gruppo Agesci Verona 10 dal 1975 al 1996, «gli scout sono impegnati
in attività di soccorso e di sostegno delle popolazioni in caso di
calamità naturali, come terremoti, alluvioni, inondazioni. È
un'avventura di “cittadinanza attiva”, fondata su fatti e non su
parole, e Verona è presente con gli scout, con i vigili del fuoco,
con la prefettura e le amministrazioni comunali».
19 ottobre 2017
Gli scout nell'emergenza. Verona e la nascita della Protezione civile in Italia
«Siate pronti» è il motto sul quale
sir Robert Baden Powell fondò il movimento scout nel 1907. Da
allora, cattolico o laico che sia, lo scautismo ha fatto proprio quel
monito facendosi parte attiva della società, aiutando il prossimo,
mettendosi a servizio e, non ultimo, prestando soccorso alle
popolazioni in difficoltà. E quella partecipazione così permeata
nel tessuto civico non poteva non sfociare, nel 1966, nella neonata
Protezione civile italiana, con Verona in prima fila. Lo racconta
oggi, dall'esordio all'evoluzione, per protagonisti e missioni in
Italia e all'estero, il volume Gli scout nell'emergenza. Verona e
la nascita della Protezione civile in Italia di Enrico Giardini,
giornalista de L'Arena, edito dal Centro studi sul metodo
scout «Luigi Brentegani».
14 luglio 2017
Paola Del Din, patriota per l'Italia libera e onesta
Con la schiena dritta sempre,
nonostante l'impresa che da ragazza le rubò cinque centimetri
d'altezza e nonostante i suoi 94 anni, ben portati, che la
costringono a camminare con un bastone. Che brandisce con forza
quando parla gesticolando. Con la schiena dritta e la lingua
schietta, Paola Del Din è una donna straordinaria che neppure
ventenne attraversò l'Italia occupata del 1944 con documenti segreti
cuciti nel cappotto da consegnare agli alleati a Firenze nel
tentativo – poi vanificato dagli effetti del precedente sbarco in
Normandia – di liberare lo Stivale dal nazifascismo con un approdo
dall'Alto Adriatico. Da Udine a Firenze e da lì a Roma, infine in
Puglia, a Monopoli, per poi tornare a casa («da mia mamma alla quale
avevo promesso che sarei tornata entro novembre») con un viaggio
rocambolesco conclusosi con un lancio in paracadute sulle sue terre
occupate e con la divisa militare inglese addosso.
Mossa da una visione liberale e
nazionale della battaglia antifascista, patriota della Osoppo attiva
nell'Udinese («Eravamo patrioti, non partigiani! Il partigiano sta
da una parte, noi eravamo per tutta l'Italia libera e onesta»), le
sue avventure ne hanno fatto la prima donna paracadutista militare
italiana e forse la prima anche ad aver effettuato un lancio di
guerra, mettendole al petto una Medaglia d'oro al valor militare.
L'unica -delle quattro conferite a donne viventi - per azione di
guerra.
28 giugno 2017
Don Milani e la scuola di Barbiana
La strada da Vicchio si fa sempre più
stretta mentre si inerpica sulle alture del Mugello a 300 metri
d'altezza dove 50 anni fa il buio, le salite impervie e i boschi
rendevano gli inverni lunghi e lenti: un muro d'isolamento dal mondo
per un nugolo di pastori e contadini. Oggi luogo ameno della campagna
collinare fiorentina, facilmente raggiungibile con l'auto e visitato
da 12 mila persone l'anno, Barbiana nel 1954 era un punto sperduto
nell'universo, perfetto luogo d'esilio per quel prete che andava
fondando scuole popolari serali per giovani lavoratori, insegnando
che la padronanza della parola sarebbe stata il loro strumento di
riscatto e fermo sulla convinzione che buttare nel mondo un ragazzo
senza istruzione fosse come buttare in cielo un passerotto senza ali
(La parola fa eguali).
19 giugno 2017
La Grande Russia di Putin secondo Romano
Per 15 anni ce ne siamo dimenticati,
quasi archiviandola, troppo in fretta, con la fine della Guerra
Fredda e lo sfaldamento dell'Unione Sovietica. Ma la Russia coi suoi
metodi -agli occhi delle democrazie occidentali - aggressivi e
spregiudicati e con una potente guida, Vladimir Putin, è tornata
alla ribalta della scena internazionale. Oggi con le presunte
interferenze nelle elezioni americane e con l'intervento in Siria,
ieri con il conflitto in Ucraina per l'annessione della Crimea.
Sergio Romano, 87 anni, che ha chiuso
la sua carriera di ambasciatore italiano proprio a Mosca, offre una
chiave di lettura di questa rinnovata superpotenza nel suo Putin e
la ricostruzione della Grande Russia (Longanesi 2016, pp.160, 18
euro), presentato al festival internazionale èStoria 2017 di
Gorizia.
26 maggio 2017
La battaglia dell'Ortigara raccontata dall'Ana Verona, domani alla Gran Guardia
Una colonna in pietra tranciata a metà
con la scritta «Per non dimenticare» è il monumento in cima al
silenzioso «panettone» cesellato cento anni fa dai cannoni della
Grande Guerra, il monte Ortigara. È stata eretta per non dimenticare
l'orrore del conflitto che nel 1917, tra il 10 e il 29 giugno, con
un'aspra battaglia iscrisse per sempre quell'altura tra i sinonimi di
«Calvario degli alpini». Ma, soprattutto, per non dimenticare quei
fanti di montagna che là restarono con le scarpe al sole, come si
dice dei compagni morti in combattimento.
Alla memoria dei venti giorni che
mieterono quasi tremila vite, è dedicato il convegno, aperto alla
cittadinanza, organizzato dall'Associazione nazionale alpini di
Verona che si terrà il 27 maggio, alle 9 alla Gran Guardia:
«Ortigara. Memorie e riflessioni, 1917-2017». Porteranno un saluto
il presidente di Ana Verona Luciano Bertagnoli, il generale Amedeo
Sperotto, comandante delle forze operative terrestri di supporto, e
il dirigente dell'ufficio scolastico Stefano Quaglia. Interverranno,
moderati dal professor Vasco Senatore Gondola, con inframezzi di
poesie di Mauro Dal Fior, i ricercatori Paolo Pozzato e Paolo Volpato
che ricostruiranno la battaglia dell'Ortigara secondo l'ottica ora
austriaca ora italiana; il generale Claudio Rondano spiegherà la
preparazione e il supporto logistico alla battaglia, mentre Luca
Antonioli parlerà dei combattenti veronesi dell'Ortigara.
25 maggio 2017
Profumo di storia a Gorizia
Al via oggi, fino a domenica, il Festival internazionale èStoria di Gorizia con il tema «Italia mia»
Le rose in fiore nei giardini, il tintinnare delle tazzine dalla Cicchetteria e il via vai di gente che pian piano si accalca alle tende
Apih ed Erodoto, alle bancarelle di libri e alla Leg, la Libreria
editrice goriziana cuore pulsante della manifestazione. È il
carattere informale il tratto distintivo del festival internazionale
«èStoria» di Gorizia che quest'anno celebra lo Stivale, innalzandolo a tema transnazionale, con l'edizione «Italia mia», al via oggi fino a domenica.
Un accrescere di attività collaterali
agli incontri con storici, giornalisti ed editori di caratura ha
innalzato il festival da quel lontano «La storia in testa» di oltre due
lustri fa, ma non ne ha scalfito la natura. Così, su una panchina
dei giardini o per strada, gli spettatori possono incontrare autori e
studiosi di fama internazionale e farci due chiacchiere.
23 maggio 2017
Verona nell'aprile 1945... sulla carta
Fumano ancora le caverne di monte
Arzan, le polveriere tedesche. I cittadini di Avesa nella notte del
25 aprile 1945, con don Giuseppe Graziani, le hanno svuotate
evitando l'apocalisse quando i nazisti in fuga le fanno saltare.
Fumano, mentre le truppe della V armata americana fanno ingresso da
viale Piave a Verona, accolte da una folla festante.
26 aprile 1945. In quegli istanti la
popolazione stremata sembra archiviare tutto. La guerra è finita. Ci
sono gli americani: sigarette, caramelle e divise che profumano di
pulito. Poco importa se sono gli stessi che da cinque anni bombardano
la città: 28 incursioni (l'ultima, terribile, il 6 aprile) per 700
vittime, aerei americani di giorno, inglesi di notte.
10 febbraio 2017
Storie istriane #AlbertoWoloschin
Settant'anni fa migliaia di italiani di
Istria, Dalmazia e Venezia Giulia siglarono una solenne dichiarazione
di appartenenza con la madre patria, lasciando case, genitori
anziani, lavoro, una vita benestante e persino i defunti al cimitero,
per un salto nel buio che consentisse però loro di continuare a
essere italiani. Era il 10 febbraio 1947 e con il Trattato di Parigi
si ritiravano i confini dell'Italia alla geografia antecedente al
Ventennio, lasciando alla Jugoslavia di Tito l'Istria, la Venezia
Giulia e la costa dalmata dell'Adriatico dove nei paesi campeggiavano
i leoni di San Marco e la lingua più diffusa era il veneto. (Da L'Arena, 7 febbraio, di Maria Vittoria Adami).
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