Una colonna in pietra tranciata a metà
con la scritta «Per non dimenticare» è il monumento in cima al
silenzioso «panettone» cesellato cento anni fa dai cannoni della
Grande Guerra, il monte Ortigara. È stata eretta per non dimenticare
l'orrore del conflitto che nel 1917, tra il 10 e il 29 giugno, con
un'aspra battaglia iscrisse per sempre quell'altura tra i sinonimi di
«Calvario degli alpini». Ma, soprattutto, per non dimenticare quei
fanti di montagna che là restarono con le scarpe al sole, come si
dice dei compagni morti in combattimento.
Alla memoria dei venti giorni che
mieterono quasi tremila vite, è dedicato il convegno, aperto alla
cittadinanza, organizzato dall'Associazione nazionale alpini di
Verona che si terrà il 27 maggio, alle 9 alla Gran Guardia:
«Ortigara. Memorie e riflessioni, 1917-2017». Porteranno un saluto
il presidente di Ana Verona Luciano Bertagnoli, il generale Amedeo
Sperotto, comandante delle forze operative terrestri di supporto, e
il dirigente dell'ufficio scolastico Stefano Quaglia. Interverranno,
moderati dal professor Vasco Senatore Gondola, con inframezzi di
poesie di Mauro Dal Fior, i ricercatori Paolo Pozzato e Paolo Volpato
che ricostruiranno la battaglia dell'Ortigara secondo l'ottica ora
austriaca ora italiana; il generale Claudio Rondano spiegherà la
preparazione e il supporto logistico alla battaglia, mentre Luca
Antonioli parlerà dei combattenti veronesi dell'Ortigara.
Nel giugno del 1917 quel monte divenne
la tomba di 2.696 soldati e 169 ufficiali. Furono feriti 16.018
giovani e 5.502 alpini non si trovarono più (716 gli ufficiali
feriti e 98 i dispersi). C'era anche Verona lassù con i suoi due
battaglioni del Sesto: il «Verona» e il «Monte Baldo» che
pagarono con 96 alpini e 6 ufficiali caduti, 965 soldati e 28
ufficiali feriti e 149 dispersi. Sono i dati raccolti dal centro
studi Ana di Verona che ricorda anche i decorati veronesi: 29
medaglie d’argento al valor militare e 37 di bronzo. Tra loro anche
padre Giulio Bevilacqua, nato a Isola della Scala e sottotenente del
Battaglione Stelvio. «Scrisse che alla storia, l'Ortigara è stata
consacrata come una pagina di eroismo, un inferno dove i soldati, e
gli alpini in primo luogo, hanno sacrificato la loro vita e il loro
sangue», spiega Giorgio Sartori del centro studi Ana, ricordando la
definizione che il sacerdote diede dell'Ortigara: «Cattedrale di
alpini, monumento del sacrificio umano, monte della nostra
trasfigurazione. Non è una sconfitta. Non vi è sconfitta se non
quando qualche cosa di umano è stato smarrito, impoverito,
soppresso». Due le medaglie di bronzo al petto di don Giulio. Ma un
altro sacerdote affiancò i soldati veronesi sull'Ortigara: don
Giuseppe Gonzato, don Beppo, di Colognola ai Colli cappellano del
battaglione Verona, ispiratore nel 1927 della costruzione della
cappella di Monte Lozze a opera
di Ana Verona, e nel 1931, del piccolo sacello ossario
accompagnato, nel 1958, dal monumento alla Madonna del Lozze, dello
scultore veronese Giuseppe Cinetto.
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