20 giugno 2019

Silvia Forti Lombroso, ebrea veronese in fuga per l'Italia

 Imprimatur. Si stampi. Perché chi ha visto, ma non ha voluto sapere, sappia e veda. Perché chi, per leggerezza, non ha agito pur potendo «fare qualcosa», possa riparare ricordando. Perché chi ha subito ed è stato rimosso dalla storia, possa essere liberato dall’oblio. Si stampi. O meglio «Si può stampare». È questo il titolo del diario della scrittrice ebrea veronese Silvia Allegrina Forti in Lombroso, pubblicato nel 1945. Un memento. Uno dei primissimi memoriali della Shoah italiana visti non dalla parte dei deportati, ma di chi, perseguitato, visse in clandestinità.
«Si può stampare» era un tassello di quel caleidoscopio letterario di cui si è persa memoria, ma che la fondazione Cdec, del centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, ha ripubblicato nella nuova collana Scale Matte, nata a Venezia da un’idea di Gadi Luzzatto Voghera, oggi direttore della fondazione, e dell’amico giornalista Paolo Navarro Dina, rimasta per molto tempo nel cassetto e rispolverata, in collaborazione con la comunità ebraica di Venezia. Scale Matte (il richiamo è all’edificio del ghetto di Venezia) pubblica, in forma anastatica e con saggi introduttivi, libri di valore ma caduti nell’oblio inerenti la storia, la cultura e la tradizione ebraica italiana e alla Shoah. Debutta con tre autori: Silvia Forti, appunto, Attilio Milano e Adolfo Ottolenghi. E proseguirà con Luciano Morpurgo.
Di questa iniziativa e del volume di Forti si parlerà oggi, alle 17, alla biblioteca civica, con Luzzatto Voghera, con il professor Renato Camurri, dell’Università di Verona, con l’editore Luca Parisato e con Stefania Roncolato.

24 gennaio 2019

Hasanovic, sopravvissuto a Srebrenica

Arriva al cuore degli studenti con linguaggio pacato, senza mai proferire parole d'odio, per non perdere di vista il suo messaggio: «Never again». Mai più. Lo ripete al termine della sua testimonianza lasciata a una platea di centinaia di studenti dei licei Copernico e Maffei, nell'aula magna del polo Zanotto, all'università: «Mai più, nel nome di queste donne che non hanno mai parlato con la lingua dell'odio, nonostante avessero perso le loro famiglie», spiega indicando le madri e le vedove musulmane di Srebrenica, Bosnia, che ogni anno l'11 luglio si ritrovano a piangere gli 8.372 uomini assassinati nel genocidio del 1995, oggi ricordato da migliaia di cippi bianchi a Potocari, davanti alla fabbrica di accumulatori, allora sede delle truppe olandesi delle Nazioni Unite e oggi luogo simbolo dell'ultimo genocidio d'Europa.
È Hasan Hasanovic, 43 anni, musulmano bosniaco, autore di Surviving Srebrenica, scampato ai rastrellamenti, alle violenze, alla fame e alla sete, alla marcia della morte a piedi verso la zona libera di Tuzla, e al genocidio che gli ha tolto il fratello gemello, il padre e lo zio. Hasanovic da allora è testimone di Srebrenica e nei giorni scorsi è stato all'incontro all'università organizzato da Radici dei diritti dell'ateneo di Verona.

22 gennaio 2019

Il messaggio di Jan Palach



La lapide in piazza San Venceslao a Praga
È il pomeriggio del 16 gennaio 1969. A Praga, un ragazzo si toglie il cappotto in piazza San Venceslao. Lo posa con cura su una pietra con la sua borsa a tracolla, alza un contenitore sopra il capo, si cosparge di benzina e si dà fuoco. Diventa una fiaccola per illuminare la società affinché non ceda al ricatto di Mosca, imposto con i carri armati e 600mila militari nell'agosto precedente. Quella fiamma è Jan Palach (1948-1969), studente di filosofia all'università Carlo IV. Fa parte del blocco sociale dei giovani universitari che ha nutrito le speranze di un movimento di rinnovamento e visto il riscatto della sua generazione in Alexander Dubček, massima autorità dello Stato. Il segretario generale del Partito Comunista in Cecoslovacchia ha, infatti, tentato, l'anno prima, la riforma del «socialismo dal volto umano», arricchendo la dottrina sovietica dell'humus culturale nel quale il Paese si è alimentato ben prima dell'allineamento forzato all'Urss nel 1948.

Dove parlo di storia questa settimana

Martedì 3 dicembre alle 21 chiacchiero su Lucia con la professoressa Isabella Roveroni . Saremo al centro sociale di Quaderni di Villafranca...