Ludvo, Hamed, Almir e Dzemal hanno 16 anni. Sono quattro degli 8.372 bosniaci musulmani rastrellati attorno a Srebrenica tra il 9 e l'11 luglio 1995 dalle truppe serbo-bosniache di Ratko Mladić. Condotti su camion e pullman pubblici nelle scuole, dove oggi i bimbi fanno lezione, o nelle fabbriche della zona, vengono lì torturati e assassinati. Quindi sepolti in una fossa comune. Poi dissotterrati. E risepolti altrove. Nascosti, smembrati, resi irriconoscibili.
Ludvo,
Hamed, Almir e Dzemal oggi sono in quattro piccole bare coperte da un
telo verde. La commissione internazionale per il riconoscimento delle
persone scomparse, a Tuzla, attraverso il Dna, ha conferito il loro
nome ad alcuni resti dissotterrati dalle fosse comuni di vent'anni
fa. Saranno sepolti, l'11 luglio al Memorial center di Potočari,
a Srebrenica, una spianata costellata da migliaia di cippi di marmo
bianchi. È così che la cittadina della Bosnia poco distante dalla
Drina (confine con la Serbia) celebra il lutto collettivo in ricordo
del genocidio musulmano, uno degli episodi più efferati della
guerra in Bosnia Erzegovina (1992-1995): ogni 11 luglio,
si seppelliscono i corpi dissotterrati dalle fosse e identificati a
Tuzla negli ultimi 12 mesi. Quest'anno saranno 136 le bare che si
aggiungono alle oltre settemila di uomini (quasi tutti erano maschi,
dai 12 anni in su) sepolti nel corso degli anni.
Al
memoriale, sono attese 50mila persone: trentamila sono mogli, madri
e sorelle che hanno perduto mariti, figli e fratelli vent'anni fa. Si
accamperanno in tenda, nei prati vicini o nei ruderi delle case
distrutte dalla guerra. I furgoni delle reti televisive, davanti ai
cancelli del memoriale, trasmetteranno la cerimonia che durerà
l'intera giornata. Vi parteciperanno quest'anno 85 capi di Stato e di
governo, tra cui il premier di Belgrado Aleksandar Vučić:
una presenza inedita a Srebrenica quella della Serbia, sempre assente
alla cerimonia rifiutando di riconoscere il genocidio, ma che ora è
in attesa per entrare nella Comunità europea.
Le
autorità si incontreranno per la cerimonia civile alla fabbrica di
accumulatori davanti al memoriale: è un luogo simbolo del genocidio.
Era una base Onu, quartier generale olandese, a difesa della zona
protetta di Srebrenica, area all'interno della quale si rifugiarono migliaia di bosniaci in fuga dal pericolo serbo nel luglio del 1995: le truppe di Mladić
(arrestato per genocidio e stupri etnici soltanto nel 2011),
minacciavano di sfondare la zona. Quando lo fecero, poche centinaia di
giovani caschi blu olandesi, forse per timore delle più numerose
truppe serbo-bosniache, forse perché da Mladić avevano ricevuto
garanzie, forse per un disguido nell'avvicendarsi dei comandi, fecero
uscire dalla zona protetta i bosniaci di fatto consegnandoli ai serbi che li ammazzarono. Tra loro c'erano anche 300 persone rifugiatesi nella fabbrica di accumulatori. Per queste morti, la corte distrettuale dell'Aja ha ritenuto
responsabile, nel gennaio scorso, i Paesi Bassi.
Sono
molti i veterani del Dutchbat
presenti ogni anno a Potočari l'11 luglio. E l'Olanda, quasi in un
rito di espiazione delle colpe, è tra gli Stati che più ha
investito, in Bosnia, in interventi di ricostruzione di Srebrenica e
per finanziare il lungo e costoso riconoscimento dei corpi al centro
di Tuzla. Ma sulle responsabilità dell'Occidente ancora si discute.
È di questi giorni l'inchiesta del periodico britannico Observer che
sostiene che Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna non avrebbero
impedito il massacro per non rompere le relazioni con i serbi e in
attesa di una pace che sarebbe arrivata, qualche mese dopo, con gli
accordi di Dayton. E, accusa ben più grave, riferisce che le truppe
dell'Onu avrebbero fornito trentamila litri di benzina utilizzati dai
serbo-bosniaci per pullman e ruspe a servizio del massacro.
In
attesa delle tante verità da svelare, sulla spianata di Potočari,
le donne di Srebrenica tornano a piangere i loro uomini. La cerimonia
religiosa inizierà, dopo quella civile, con la preghiera degli imam.
Saranno chiamati tutti i nomi delle persone sepolte. Una fiumana di
gente sfilerà davanti alle bare, portate il giorno prima perché i
familiari possano pregarvi sopra. Le casse verdi saranno poi passate
di spalla in spalla fino alla fossa scavata per loro dove sarà
eretto un cippo bianco.
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