«Il
processo di adesione della Croazia è durato dieci anni – mi spiega
– e la domanda fu presentata nel 2003. La candidatura ufficiale
arrivò nel 2004. I negoziati cominciarono nell'ottobre del 2005.
Otto anni dopo la Croazia è entrata nell’Ue».
Per
la Bosnia la situazione è diversa: «A diciotto anni dalla fine
della guerra, Bosnia ed Erzegovina mostrano ancora segni
preoccupanti di crescenti tensioni e violenza. Soprattutto nelle
remote regioni rurali, i conflitti etnici sono molto forti e i
cittadini non sentono alcun legame di appartenenza né basi nazionali
sulla BiH.
I giovani sono particolarmente disillusi e i sondaggi dicono che la maggioranza di loro, se potesse, lascerebbe il paese. Le ragazze sono particolarmente svantaggiate, sia come donne sia come giovani: devono affrontare una discriminazione culturalmente radicata e sono sotto-rappresentate negli organi decisionali».
Eppure Emir non smette di puntare sulle giovani generazioni. Per questo gli sta a cuore il progetto di Srebrenica condotto dall'Emmaus bosniaco, per permettere ai bambini delle campagne di raggiungere un buon livello di alfabetizzazione: «A loro nessuno pensa ed è così che si creano le basi perché si ripeta ciò che accade vent'anni fa. I giovani possono essere una forza positiva per guidare la BiH verso una nuova visione della società che soppianti le ideologie e le divisioni delle vecchie generazioni».
Emir sostiene che la maggior parte dei ragazzi aspiri a un ingresso veloce in Europa della Bosnia-Herzegovina: «Vogliono uscire dall'isolamento e non vogliono cadere di nuovo sotto insensate dittature nazionalistiche. Il primo Ministro francese Jean Francoise Deniau, nella parte introduttiva del Trattato di Roma, nel 1957 (il trattato che istituì la Comunità economica europea, ndr), scrisse che si costruisce l’Europa costruendola. Tuttavia, non abbiamo un modello a cui ispirarci. Il modello deve scaturire dalla nostra azione, dai nostri sogni e aspirazioni. Dobbiamo essere consapevoli che stiamo vivendo, come persone privilegiate, un’avventura unica nella storia dell’umanità. Per la prima volta nella storia, paesi che si erano combattuti l’un l’altro per secoli, hanno deciso di unirsi, in pace, per aiutarsi, condividere il proprio benessere e lavorare per un futuro comune. Questa via europea sta diventando sempre più dinamica. I rappresentanti della società civile, le organizzazioni sensibili alle questioni sociali e umanitarie dell’Europa occidentale dovranno andare avanti, con la responsabilità di dare a tutta l’Europa un’anima più fraterna, coinvolgendo attivamente la sua parte orientale nella cornice di gesti di fratellanza che fungano da provocazione»
I giovani sono particolarmente disillusi e i sondaggi dicono che la maggioranza di loro, se potesse, lascerebbe il paese. Le ragazze sono particolarmente svantaggiate, sia come donne sia come giovani: devono affrontare una discriminazione culturalmente radicata e sono sotto-rappresentate negli organi decisionali».
Eppure Emir non smette di puntare sulle giovani generazioni. Per questo gli sta a cuore il progetto di Srebrenica condotto dall'Emmaus bosniaco, per permettere ai bambini delle campagne di raggiungere un buon livello di alfabetizzazione: «A loro nessuno pensa ed è così che si creano le basi perché si ripeta ciò che accade vent'anni fa. I giovani possono essere una forza positiva per guidare la BiH verso una nuova visione della società che soppianti le ideologie e le divisioni delle vecchie generazioni».
Emir sostiene che la maggior parte dei ragazzi aspiri a un ingresso veloce in Europa della Bosnia-Herzegovina: «Vogliono uscire dall'isolamento e non vogliono cadere di nuovo sotto insensate dittature nazionalistiche. Il primo Ministro francese Jean Francoise Deniau, nella parte introduttiva del Trattato di Roma, nel 1957 (il trattato che istituì la Comunità economica europea, ndr), scrisse che si costruisce l’Europa costruendola. Tuttavia, non abbiamo un modello a cui ispirarci. Il modello deve scaturire dalla nostra azione, dai nostri sogni e aspirazioni. Dobbiamo essere consapevoli che stiamo vivendo, come persone privilegiate, un’avventura unica nella storia dell’umanità. Per la prima volta nella storia, paesi che si erano combattuti l’un l’altro per secoli, hanno deciso di unirsi, in pace, per aiutarsi, condividere il proprio benessere e lavorare per un futuro comune. Questa via europea sta diventando sempre più dinamica. I rappresentanti della società civile, le organizzazioni sensibili alle questioni sociali e umanitarie dell’Europa occidentale dovranno andare avanti, con la responsabilità di dare a tutta l’Europa un’anima più fraterna, coinvolgendo attivamente la sua parte orientale nella cornice di gesti di fratellanza che fungano da provocazione»
A guardare l'Europa con gli occhi degli altri ci si stupisce di quanto possa ancora risultare attraente ed emblema di valori forti di comunanza, tolleranza e sostegno reciproco.
RispondiEliminaE anche l'Ucraina di oggi ce ne dà un esempio...
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