È l'emblema di questa nuova umanità
la vicenda scritta, tra maggio e giugno, a cima Neutra, da
recuperanti vicentini e alpini del Sesto di Verona. Dopo cento anni,
infatti, qualcuno può portare un fiore laddove furono sepolti
bisnonni e prozii caduti sul fronte nel 1917, tra le alture vicentine
sopra il Comune di Arsiero, e coperti dall'oblio, avviluppati nel
bosco.
Tutto è partito dall'ex cimiterino di
guerra di cima Neutra, inghiottito dalla natura che in un secolo ha
fatto il suo corso riparando le ferite della terra martoriata dalle
deflagrazioni di quell’immane conflitto. Una sessantina di
volontari hanno cercato quel luogo scomparso nella vegetazione, lo
hanno riportato alla luce, hanno ripristinato le croci che indicavano
i luoghi di sepoltura dei soldati che al termine del conflitto furono
traslati nel cimitero di Arsiero.
Seicento ore di lavori condotti da
Manuel Grotto, e l’ex cimitero è riemerso. E durante quella fatica
è spuntato un cippo. Portava i dati di un soldato veronese del
Sesto. I vicentini hanno così avvisato il centro studi Ana di
Verona, di via del Pontiere, coordinato da Giorgio Sartori, che
elaborando il lavoro di ricerca in questi anni condotto da Lucia
Zampieri, da Dario Graziani, laureato in storia, e da Luciano Stocco,
ha avvisato gli «archeologi» della Grande Guerra che gli Alpini del
Sesto lassù erano 16, di cui 9 veronesi. I recuperanti hanno scavato
ancora, riportando alla luce altri due cippi e riaprendo così la
storia di Agostino Bennati, del battaglione Val d’Adige, di Cazzano
di Tramigna, alpino telefonista del quale oggi un pronipote porta il
nome, e dei sergenti Pietro Speri, di Negrar, e Marino Zoppi, del
battaglione Val d’Adige, nato a Monteforte d’Alpone.
Tocca poi al centro studi di Verona
ricostruire che Zoppi e Speri muoiono insieme il 30 giugno 1917 a
località Redentore sul monte Cimone, entrambi medaglia d’argento
al valor militare perché - addetti alla sezione mitragliatrice - per
meglio colpire un riflettore nemico, si offrono volontari per
trasportare l’arma in un luogo battuto dall’artiglieria nemica. E
che Bennati, già ferito nel 1915 a malga Zures (altro luogo simbolo
per gli alpini del Sesto), muore in località Cismon, sulle alture
vicentine, il 3 agosto 1917.
Ma il ruolo del centro Ana è stato
determinante non solo per ricostruire gli ultimi istanti di vita di
quei soldati, ma anche per ritrovarne i parenti che avevano cercato
invano i loro cari, girando di sacrario in sacrario, e che, con i
recuperanti vicentini e gli alpini veronesi, sono saliti a cima
Neutra a giugno dove, in una accorata cerimonia, hanno potuto
ricordarli e poi raggiungerne le tombe: Zoppi e Bennati ad Arsiero ne
hanno una individuale, probabilmente perché fu trovata la targhetta
di riconoscimento. Gli altri sono sepolti nel sacrario collettivo.
A quella cerimonia, a cima Neutra, ha
partecipato anche Simone Zoppi, 40 anni, imprenditore agricolo e
residente nella casa di famiglia che si tramanda da generazioni a
Monteforte D’Alpone, salito con gli alpini per prendere un po’ di
terra da quel luogo sacro e silente e riportare il prozio a casa.
Marino Zoppi era il fratello del suo bisnonno. Del quale nulla
sapeva. «Mio papà Giovanni, da piccolo, con mio nonno, che si
chiamava proprio Marino, era stato invano ad Asiago in cerca dello
zio. Ritrovarlo dopo cento anni e sapere che si è comportato
eroicamente ricevendo una medaglia è stato emozionante», racconta
di ritorno da cima Neutra. «Ora sappiamo dov’è e verremo a
trovarlo. È stata toccante la partecipazione di tante persone che
hanno svolto un lavoro enorme. Il cimitero non era facile da trovare
e da raggiungere. Si passa per il bosco, dove non c’era il
sentiero. E chi ha recuperato l’area ha lavorato senza mezzi,
scavando anche con le sole mani. Cento anni fa lì non c’era nulla,
è stato un tuffo nel passato. A loro va la nostra gratitudine».
Bennati, Zoppi e Speri sono tre delle
150 vittime delle audaci azioni intraprese fra l’estate del 1916 e
1917 per respingere, dalle alture vicentine, l’offensiva austriaca
e per riprendere monte Cimone. Lassù sepolti con loro c'erano altri
sei veronesi: Battista Zanolli, nato nel 1893 a Bussolengo cade a
quota 1036 del Cimone, vittima dello scoppio di una spoletta, sotto
un’intensa pioggia di artiglieria il 4 giugno 1917; cinque giorni
dopo, mentre trasporta il rancio della mattina, lungo un camminamento
che da cima Neutra porta al posto avanzato della sua compagnia,
Ettore Marzari, nato a Garda nel 1882, è ferito da un colpo di
fucile e muore all'ospedaletto 09. Francesco Righetti, classe 1891,
di Marano, il 26 giugno 1917, chiude gli occhi nell’ospedale da
campo 08 per le ferite riportate in combattimento. La vita di Giacomo
Maccagnan, del 1897, di Bosco Chiesanuova, è recisa dallo scoppio di
alcune bombarde a Cason Brusà il 20 luglio dello stesso anno.
Quattro giorni dopo cade a quota 1056 Matteo Baltieri, nato nel 1887
a Badia Calavena. Il 26 luglio, infine, lo raggiunge Domenico
Bertaiola, del 1893, di Valeggio che spira all’ospedale da campo
Sant’Orso ferito in assalto.
Ora si può portare loro un fiore,
negato dal tempo e recuperato grazie a persone di cuore che hanno
restituito un posto nella storia alle loro storie.
Nessun commento:
Posta un commento