25 settembre 2018

Storie di oggi e di cuore

 I cinque anni di anniversari della Grande Guerra, che quest'anno volgono al termine, ci hanno restituito storie sepolte da cento anni. Ma anche il conforto che è ancora viva tra le persone una «pietas» che le porta, senza tornaconto alcuno, a cercare di restituire un nome ai caduti di quel conflitto fagocitante e di riportarli a casa raccontandone le vicende. Il concorso degli affetti di parenti messisi in cerca di cari che neppure hanno conosciuto, ma dei quali avevano sentito parlare, si è intrecciato con i volontari che hanno messo a frutto dati di ricerche e talvolta manovalanza per poter rispondere ai loro quesiti: dov'è caduto il mio bisnonno? Dove è morto? Che ne fu di lui? L'emozione si fa largo quando arrivano queste risposte, e ancor più fa vibrare le corde del cuore quando a bussare alle porte delle famiglie ci sono storie di caduti dei quali non si sapeva l'esistenza e che grazie a persone generose hanno ritrovato il loro posto nella storia. Sono tornati a casa.
È l'emblema di questa nuova umanità la vicenda scritta, tra maggio e giugno, a cima Neutra, da recuperanti vicentini e alpini del Sesto di Verona. Dopo cento anni, infatti, qualcuno può portare un fiore laddove furono sepolti bisnonni e prozii caduti sul fronte nel 1917, tra le alture vicentine sopra il Comune di Arsiero, e coperti dall'oblio, avviluppati nel bosco.

Tutto è partito dall'ex cimiterino di guerra di cima Neutra, inghiottito dalla natura che in un secolo ha fatto il suo corso riparando le ferite della terra martoriata dalle deflagrazioni di quell’immane conflitto. Una sessantina di volontari hanno cercato quel luogo scomparso nella vegetazione, lo hanno riportato alla luce, hanno ripristinato le croci che indicavano i luoghi di sepoltura dei soldati che al termine del conflitto furono traslati nel cimitero di Arsiero.
Seicento ore di lavori condotti da Manuel Grotto, e l’ex cimitero è riemerso. E durante quella fatica è spuntato un cippo. Portava i dati di un soldato veronese del Sesto. I vicentini hanno così avvisato il centro studi Ana di Verona, di via del Pontiere, coordinato da Giorgio Sartori, che elaborando il lavoro di ricerca in questi anni condotto da Lucia Zampieri, da Dario Graziani, laureato in storia, e da Luciano Stocco, ha avvisato gli «archeologi» della Grande Guerra che gli Alpini del Sesto lassù erano 16, di cui 9 veronesi. I recuperanti hanno scavato ancora, riportando alla luce altri due cippi e riaprendo così la storia di Agostino Bennati, del battaglione Val d’Adige, di Cazzano di Tramigna, alpino telefonista del quale oggi un pronipote porta il nome, e dei sergenti Pietro Speri, di Negrar, e Marino Zoppi, del battaglione Val d’Adige, nato a Monteforte d’Alpone.
Tocca poi al centro studi di Verona ricostruire che Zoppi e Speri muoiono insieme il 30 giugno 1917 a località Redentore sul monte Cimone, entrambi medaglia d’argento al valor militare perché - addetti alla sezione mitragliatrice - per meglio colpire un riflettore nemico, si offrono volontari per trasportare l’arma in un luogo battuto dall’artiglieria nemica. E che Bennati, già ferito nel 1915 a malga Zures (altro luogo simbolo per gli alpini del Sesto), muore in località Cismon, sulle alture vicentine, il 3 agosto 1917.
Ma il ruolo del centro Ana è stato determinante non solo per ricostruire gli ultimi istanti di vita di quei soldati, ma anche per ritrovarne i parenti che avevano cercato invano i loro cari, girando di sacrario in sacrario, e che, con i recuperanti vicentini e gli alpini veronesi, sono saliti a cima Neutra a giugno dove, in una accorata cerimonia, hanno potuto ricordarli e poi raggiungerne le tombe: Zoppi e Bennati ad Arsiero ne hanno una individuale, probabilmente perché fu trovata la targhetta di riconoscimento. Gli altri sono sepolti nel sacrario collettivo.
A quella cerimonia, a cima Neutra, ha partecipato anche Simone Zoppi, 40 anni, imprenditore agricolo e residente nella casa di famiglia che si tramanda da generazioni a Monteforte D’Alpone, salito con gli alpini per prendere un po’ di terra da quel luogo sacro e silente e riportare il prozio a casa. Marino Zoppi era il fratello del suo bisnonno. Del quale nulla sapeva. «Mio papà Giovanni, da piccolo, con mio nonno, che si chiamava proprio Marino, era stato invano ad Asiago in cerca dello zio. Ritrovarlo dopo cento anni e sapere che si è comportato eroicamente ricevendo una medaglia è stato emozionante», racconta di ritorno da cima Neutra. «Ora sappiamo dov’è e verremo a trovarlo. È stata toccante la partecipazione di tante persone che hanno svolto un lavoro enorme. Il cimitero non era facile da trovare e da raggiungere. Si passa per il bosco, dove non c’era il sentiero. E chi ha recuperato l’area ha lavorato senza mezzi, scavando anche con le sole mani. Cento anni fa lì non c’era nulla, è stato un tuffo nel passato. A loro va la nostra gratitudine».
Bennati, Zoppi e Speri sono tre delle 150 vittime delle audaci azioni intraprese fra l’estate del 1916 e 1917 per respingere, dalle alture vicentine, l’offensiva austriaca e per riprendere monte Cimone. Lassù sepolti con loro c'erano altri sei veronesi: Battista Zanolli, nato nel 1893 a Bussolengo cade a quota 1036 del Cimone, vittima dello scoppio di una spoletta, sotto un’intensa pioggia di artiglieria il 4 giugno 1917; cinque giorni dopo, mentre trasporta il rancio della mattina, lungo un camminamento che da cima Neutra porta al posto avanzato della sua compagnia, Ettore Marzari, nato a Garda nel 1882, è ferito da un colpo di fucile e muore all'ospedaletto 09. Francesco Righetti, classe 1891, di Marano, il 26 giugno 1917, chiude gli occhi nell’ospedale da campo 08 per le ferite riportate in combattimento. La vita di Giacomo Maccagnan, del 1897, di Bosco Chiesanuova, è recisa dallo scoppio di alcune bombarde a Cason Brusà il 20 luglio dello stesso anno. Quattro giorni dopo cade a quota 1056 Matteo Baltieri, nato nel 1887 a Badia Calavena. Il 26 luglio, infine, lo raggiunge Domenico Bertaiola, del 1893, di Valeggio che spira all’ospedale da campo Sant’Orso ferito in assalto.

Ora si può portare loro un fiore, negato dal tempo e recuperato grazie a persone di cuore che hanno restituito un posto nella storia alle loro storie.

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