11 gennaio 2016

Storie di eroi: la memoria del colonnello Fincato è ora un libro

Un libro per tutti, ora reperibile in libreria e in biblioteca, in tutta Italia. La storia del colonnello Giovanni Fincato (Enego 1891 – Verona 1944) è diventata ufficialmente un volume, Giovanni Fincato. Un alpino tra due guerre mondiali edito da Cierre lo scorso dicembre col patrocinio dell'Istituto per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea di Verona, presieduto da Stefano Biguzzi che ne ha curato la prefazione.
Le memorie, scritte dal figlio, il generale Lucio Alberto Fincato, scomparso circa un anno fa, erano state pubblicate in un libello rivolto a un circuito privato, per essere donato, ma mai avevano superato il confine editoriale che l'Istituto ha invece voluto valicare: «Con questa pubblicazione», spiega Biguzzi, «Fincato entra nella storia di Verona e d'Italia. Il progetto è quello di recuperare le vite delle tredici medaglie d'oro della Resistenza della città, e la figura di Fincato è tra le più belle e gloriose. Con il figlio Lucio si era parlato di far diventare la sua storia patrimonio comune offrendola al grande pubblico come presidio della memoria resistenziale veronese e come stimolo a mantenerne sempre vivo il ricordo. E quando Lucio è mancato, quell’auspicio è diventato un impegno inderogabile che ora, grazie al decisivo contributo della famiglia, e col patrocinio dell’Istituto, vede la sua realizzazione. Nessun anno meglio del 2015, centenario del primo conflitto mondiale e settantesimo della Liberazione, poteva più opportunamente ospitare la ristampa».
La vita del colonnello Fincato salda, infatti, in una sola esistenza questi due eventi: fu militare sul fronte della Grande guerra, dal Carso agli Altipiani vicentini (tre medaglie d'argento al valor militare), e fiero combattente a Verona per liberare, dopo l'8 settembre 1943, dagli invasori tedeschi e dai repubblichini una nazione portata alla catastrofe dal fascismo.
Una lapide in piazzetta Martiri della libertà ricorda il tragico martirio del colonnello alpino, morto, lasciando una vedova e sei figli, il 6 ottobre 1944 per mano di italiani dell'ufficio di polizia fascista che dopo 16 ore di torture gettarono il corpo di Fincato nelle acque dell'Adige a Pescantina, negandogli la sepoltura.
Fu un rito antropofago: i fascisti assassinarono un pluridecorato della Grande guerra, sul mito della quale proprio il Ventennio aveva costruito la retorica e i valori di eroismo e virtù. Fincato, durante quell'«interrogatorio», non rivelò alcun nome di compagni di lotta, onorando fino alla fine i principi forgiati dalle trincee: l'onestà, la solidarietà, la fratellanza, tipiche del corpo degli Alpini, e quel vedere i tedeschi in casa come il nemico che quasi trent'anni prima aveva combattuto per definire i confini della Patria.
«È un legame da non sottovalutare questo», continua Biguzzi, «per comprendere la scelta che molti ufficiali reduci della Grande Guerra fecero dopo l’8 settembre, motivata dalla volontà di non tradire il giuramento di fedeltà al re, ma da leggere anche attraverso il cortocircuito che dovettero vivere quei soldati, vittoriosi nel 1918 contro l’impero asburgico, ovvero contro quelli che per semplificare, venivano chiamati i “tedeschi”, e costretti venticinque anni dopo a vedere gli stessi tedeschi violare i confini di un’Italia prostrata e annichilita strappandole le terre costate la vita di tanti fratelli».
Nato a Enego, sull'altipiano di Asiago, dopo la Grande guerra, Fincato intraprese la carriera militare che lo portò a intrecciarsi sempre con Verona: qui fece servizio militare nel Sesto reggimento Alpini di Verona, lavorò e trovò la morte.
Il volume traccia un ritratto di lui essenziale e asciutto, mai retorico, rendendo nella sua grandezza il profilo di un alpino, di un italiano che seppe interpretare in maniera alta il senso del dovere. «Da queste pagine», conclude Biguzzi, «Fincato ci parla con la forza dell’esempio, ricordandoci il prezzo della libertà e il debito che abbiamo verso chi ce l’ha restituita e affidata. Questo debito Lucio l’ha onorato splendidamente, per l’uomo, il cittadino e il soldato che è stato, e per come ha saputo essere testimone dei valori democratici fondanti la repubblica nata dalla Resistenza».
Maria Vittoria Adami
L'Arena, 9 gennaio 2016

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