22 agosto 2014

L'Archivio Liberati di Villafranca

A oltre quarant'anni dalla sua morte, Verona resta una seconda casa per Carlo Emilio Gadda (nella foto vestito da alpino, col fratello Enrico), legato alla città scaligera per diversi aspetti. Era nato a Milano nel 1893, morì nel 1973 a Roma, dove visse per molti anni in via Blumensthil 19, sepolto poi al cimitero del Testaccio. Ma suo cognato, Paolo Ambrosi, marito della sorella Clara, aveva una villa a Cavalcaselle. La madre, Adele Lehr, aveva vissuto a Verona e nel 1930, proprio qui, Gadda pubblicò su L'Arena la recensione de «Il vento tra le case», opera dell'amico Tecchi Bonaventura che aveva conosciuto durante la prigionia in Germania.
Ma il legame più importante, oggi, è quello con l'archivio Liberati, a Villafranca di Verona, miniera d'oro per gli studiosi di letteratura, grazie ai suoi inediti, manoscritti, prime stesure di opere importanti e abbozzi di scritti del prosatore del Novecento, come quello di «Quer pasticciaccio brutto de via Merulana» o «Eros e Priapo», trovato fortunosamente in una scatola da scarpe che si voleva gettare. L'archivio stesso ha una storia da romanzi d'altri tempi.
Tutto cominciò da un'anziana signora, Giuseppina Liberati, che nell'ultimo decennio di vita di Gadda gli fece da governante. Persona cara e dedita a quell'uomo senza famiglia, in perenne sofferenza interiore, fu da lui stesso nominata sua unica erede. Quando Gadda morì, scritti e oggetti personali andarono a lei che mise tutto in un baule e se ne tornò al suo paese d'origine: Ferentino, in provincia di Frosinone, dove morì nel 2003. Per quel baule prezioso iniziò una nuova storia. Giuseppina aveva un fratello, Giovanni, villafranchese d'adozione, il quale ebbe un figlio, Arnaldo, che ha rinvenuto il baule in casa della zia e lo ha portato a Villafranca. Oggi, il dottor Arnaldo Liberati, studioso del periodo napoleonico e collezionista di libri e antichi cimeli, resta il custode di quel patrimonio visitato da ricercatori, letterati e giovani studenti universitari.
In casa della signora Giuseppina, Liberati trovò anche manoscritti e incartamenti in ogni dove a cominciare dal primo manoscritto di «Eros e Priapo» che si riteneva scomparso e che l'università di Siena tentava di digitalizzare, lavorando su vecchie copie fotostatiche. Il suo ritrovamento ha messo in discussione tutti gli studi fatti sinora su quel testo, che sarà pubblicato entro il 2015 da Adelphi.

Liberati, infatti, ha deciso di ridare luce alla penna di Gadda, mai pienamente celebrata in Italia, cercando una casa editrice che lo valorizzasse e restituendo al pubblico uno scrigno di documenti preziosi. Ha risposto l'editrice milanese che sta rieditando tutti i suoi titoli.
Nel fondo Liberati ci sono manoscritti di volumi editi e inediti, sconosciuti nella loro versione originale: Gadda ritornava sul testo continuamente, modificandolo e trasformandolo. E c'è la corrispondenza tra lo scrittore e i maggiori esponenti del Novecento intellettuale italiano, case editrici comprese. Quasi cinquemila missive ricevute e spedite, tra il 1912 e il 1973. Tra i mittenti: Montale, Rigoni Stern, Bonaventura, Arbasino... Ma non è tutto. Nei cassetti degli armadi e nei posti più impensati Giuseppina Liberati aveva custodito oggetti personali, come la macchina per scrivere o l'orologio da polso, il premio Penna d'oro del 1970 e la targa di partecipazione al Campiello (dello stesso anno), l'enciclopedia Treccani, 800 libri di narrativa, l'armonica a bocca. E questo patrimonio, oggi, è a disposizione di chi vuole studiare l'autore.

di Maria Vittoria Adami - Verona Fedele, 3 agosto 2014
Le foto sono state scattate nell'archivio Liberati di Villafranca, per gentile concessione del dottor Arnaldo Liberati. 

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