26 maggio 2017

La battaglia dell'Ortigara raccontata dall'Ana Verona, domani alla Gran Guardia

Una colonna in pietra tranciata a metà con la scritta «Per non dimenticare» è il monumento in cima al silenzioso «panettone» cesellato cento anni fa dai cannoni della Grande Guerra, il monte Ortigara. È stata eretta per non dimenticare l'orrore del conflitto che nel 1917, tra il 10 e il 29 giugno, con un'aspra battaglia iscrisse per sempre quell'altura tra i sinonimi di «Calvario degli alpini». Ma, soprattutto, per non dimenticare quei fanti di montagna che là restarono con le scarpe al sole, come si dice dei compagni morti in combattimento.
Alla memoria dei venti giorni che mieterono quasi tremila vite, è dedicato il convegno, aperto alla cittadinanza, organizzato dall'Associazione nazionale alpini di Verona che si terrà il 27 maggio, alle 9 alla Gran Guardia: «Ortigara. Memorie e riflessioni, 1917-2017». Porteranno un saluto il presidente di Ana Verona Luciano Bertagnoli, il generale Amedeo Sperotto, comandante delle forze operative terrestri di supporto, e il dirigente dell'ufficio scolastico Stefano Quaglia. Interverranno, moderati dal professor Vasco Senatore Gondola, con inframezzi di poesie di Mauro Dal Fior, i ricercatori Paolo Pozzato e Paolo Volpato che ricostruiranno la battaglia dell'Ortigara secondo l'ottica ora austriaca ora italiana; il generale Claudio Rondano spiegherà la preparazione e il supporto logistico alla battaglia, mentre Luca Antonioli parlerà dei combattenti veronesi dell'Ortigara.


Nel giugno del 1917 quel monte divenne la tomba di 2.696 soldati e 169 ufficiali. Furono feriti 16.018 giovani e 5.502 alpini non si trovarono più (716 gli ufficiali feriti e 98 i dispersi). C'era anche Verona lassù con i suoi due battaglioni del Sesto: il «Verona» e il «Monte Baldo» che pagarono con 96 alpini e 6 ufficiali caduti, 965 soldati e 28 ufficiali feriti e 149 dispersi. Sono i dati raccolti dal centro studi Ana di Verona che ricorda anche i decorati veronesi: 29 medaglie d’argento al valor militare e 37 di bronzo. Tra loro anche padre Giulio Bevilacqua, nato a Isola della Scala e sottotenente del Battaglione Stelvio. «Scrisse che alla storia, l'Ortigara è stata consacrata come una pagina di eroismo, un inferno dove i soldati, e gli alpini in primo luogo, hanno sacrificato la loro vita e il loro sangue», spiega Giorgio Sartori del centro studi Ana, ricordando la definizione che il sacerdote diede dell'Ortigara: «Cattedrale di alpini, monumento del sacrificio umano, monte della nostra trasfigurazione. Non è una sconfitta. Non vi è sconfitta se non quando qualche cosa di umano è stato smarrito, impoverito, soppresso». Due le medaglie di bronzo al petto di don Giulio. Ma un altro sacerdote affiancò i soldati veronesi sull'Ortigara: don Giuseppe Gonzato, don Beppo, di Colognola ai Colli cappellano del battaglione Verona, ispiratore nel 1927 della costruzione della cappella di Monte Lozze a opera di Ana Verona, e nel 1931, del piccolo sacello ossario accompagnato, nel 1958, dal monumento alla Madonna del Lozze, dello scultore veronese Giuseppe Cinetto.  

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