È l'emblema di questa nuova umanità
la vicenda scritta, tra maggio e giugno, a cima Neutra, da
recuperanti vicentini e alpini del Sesto di Verona. Dopo cento anni,
infatti, qualcuno può portare un fiore laddove furono sepolti
bisnonni e prozii caduti sul fronte nel 1917, tra le alture vicentine
sopra il Comune di Arsiero, e coperti dall'oblio, avviluppati nel
bosco.
25 settembre 2018
Storie di oggi e di cuore
6 agosto 2018
Isolina Canuti, uccisa, vilipesa e sepolta senza giustizia
di Maria Vittoria Adami
«L'Arena», domenica 22 agosto
Le carte dove le metti stanno. Finché
qualcuno non le va a cercare, aprendo storie cristallizzate che
riprendono da dove si erano fermate. Accade ogni giorno negli archivi
come quello di Stato di Verona dove è andato a frugare, sulle tracce
di Isolina Canuti, l'avvocato Guariente Guarienti, con l'aiuto del
direttore Roberto Mazzei,
riportando alla luce la sentenza del processo Todeschini del
30 dicembre 1901: è il testo con il quale il direttore responsabile
di Verona del popolo, l'avvocato e deputato Filippo Mario Todeschini,
viene condannato a 23 mesi di carcere per diffamazione a danno di
Carlo Trivulzio, tenente del sesto alpini, di benestante famiglia
udinese, principale indiziato (ma subito assolto) del feroce
assassinio di Isolina Canuti morta soffocata, mentre si tentava di
procurarle un aborto, fatta a pezzi e gettata in un sacco nell'Adige.
L'ANTEFATTO La mattina del 16 gennaio
1900 due donne sulla riva del fiume, vicino a ponte Aleardi,
rinvengono un fagotto a pelo d'acqua: contiene i pezzi di un corpo di
donna senza testa. Clelia Canuti riconoscerà, tra questi, i
frammenti del vestito della sorella Isolina, 19 anni, incinta di
quattro mesi e scomparsa dalla sera del 14 gennaio, una domenica.
L'Italia intera è sconvolta. La stampa reclama unanime che i
colpevoli abbiamo il meritato castigo. Il ministro degli interni e
della guerra Luigi Pelloux
mette in palio una ricompensa di 2.000 lire per chi scova
l'assassino. Man mano però che la vicenda si fa chiara, Stato,
esercito, magistratura e buona parte dell'opinione pubblica tira i
remi in barca.
27 marzo 2018
Lucia Nutrimento, filosofa e insegnante, faro di libertà dei giovani
di Maria Vittoria Adami
La figura esile, gli occhi scuri
espressivi, i capelli castani raccolti in una treccia avvolta sul
capo e la passione per lo studio. Il 12 dicembre 1959 moriva, a 48
anni, Lucia Nutrimento, professoressa di storia e filosofia al liceo
Scipione Maffei e uno dei pochi volti femminili nell’ambiente,
quasi in toto maschile all’epoca, dell’Accademia di agricoltura
scienze e lettere. Tra i fondatori del circolo filosofico Giuseppe
Zamboni, filosofa autrice de La definizione del bene (1936),
di Sull’esito della filosofia (1941) e di saggi introduttivi
a Montesquieu, Fénelon, Constant, Vico e al Vangelo di San Giovanni,
Nutrimento è stata un’insegnante che ha lasciato il segno nel
cuore dei suoi studenti, in silenzio. Come in silenzio ha contributo
alla lotta antifascista per la libertà, soprattutto, delle idee.
15 febbraio 2018
Guerra, donne e follia
È uscito il mio nuovo saggio Le donne, la guerra, la follia. Le ricoverate al manicomio di Verona nel primo conflitto mondiale su «Dep, deportate, esuli, profughe», la rivista telematica di studi storici su tematiche femminili dell'Università Ca' Foscari di Venezia, n.36 01/2018.
Si tratta di una ricerca - dopo quella dedicata ai soldati nel mio L'esercito di San Giacomo - sulle cartelle cliniche delle donne ricoverate al manicomio di San Giacomo di Verona durante la Grande Guerra. Dalle anamnesi e dai documenti contenuti si può tracciare la storia di madri, mogli e sorelle preoccupate per la sorte di figli, mariti e fratelli al fronte. Ma ci sono anche storie di donne sfollate dalle zone trentine e profughe a Verona, come il particolare caso della colonia di Legnago esclusiva per cittadini della Vallarsa, o di donne traumatizzate dai bombardamenti aerei sulla città. Tutti gli effetti, insomma, del primo grande conflitto totale che coinvolse la popolazione civile.
This article looks based on the medical records of women admitted to the S. Giacomo asylum in Verona between 1915 and 1919, illustrates the consequences of the conflict on women’s lives and mind and their long-term effects. It dwells on women’s traumatic experience of loss and on their condition of refugees.
Si tratta di una ricerca - dopo quella dedicata ai soldati nel mio L'esercito di San Giacomo - sulle cartelle cliniche delle donne ricoverate al manicomio di San Giacomo di Verona durante la Grande Guerra. Dalle anamnesi e dai documenti contenuti si può tracciare la storia di madri, mogli e sorelle preoccupate per la sorte di figli, mariti e fratelli al fronte. Ma ci sono anche storie di donne sfollate dalle zone trentine e profughe a Verona, come il particolare caso della colonia di Legnago esclusiva per cittadini della Vallarsa, o di donne traumatizzate dai bombardamenti aerei sulla città. Tutti gli effetti, insomma, del primo grande conflitto totale che coinvolse la popolazione civile.
This article looks based on the medical records of women admitted to the S. Giacomo asylum in Verona between 1915 and 1919, illustrates the consequences of the conflict on women’s lives and mind and their long-term effects. It dwells on women’s traumatic experience of loss and on their condition of refugees.
Iscriviti a:
Post (Atom)
Dove parlo di storia questa settimana
Martedì 3 dicembre alle 21 chiacchiero su Lucia con la professoressa Isabella Roveroni . Saremo al centro sociale di Quaderni di Villafranca...
-
Da L'Arena , 13 dicembre 2017 , p.52 di Maria Vittoria Adami La figura esile, gli occhi scuri espressivi, i capelli castani racc...
-
«Quante di queste strade di montagna, che ora le automobili di lusso, per il piacere di tanti oziosi, percorrono in fretta lasciandosi d...
-
Fumano ancora le caverne di monte Arzan, le polveriere tedesche. I cittadini di Avesa nella notte del 25 aprile 1945, con don Giuseppe G...