25 maggio 2015

La quinta medaglia?

Lungo la Strada degli artiglieri di Rovereto, in località Costa Violina, c'è una lapide commemorativa per il tenente colonnello Giulio Marinetti, nato a Verona il 4 giugno 1877, da Luigi Gaetano e da Sofia Bracco. Conquistò tre medaglie: una d'argento nel 1916 sull'Altopiano di Asiago; una di bronzo sul monte Debeli, sul Carso, nel 1917; infine quella d'oro al valor militare per aver combattuto nella battaglia del Solstizio nel 1918, a Croce di Piave di Musile.

A capo della Settima batteria del 34mo Reggimento artiglieria campagna, in località Croce, doveva ritardare l'avanzata dell'esercito austroungarico che era riuscito a sfondare il fronte del Piave e ad avanzare di qualche chilometro verso ovest. Il suo gruppo resistette eroicamente perdendo molti uomini, tra cui il capitano Ottorino Tombolan Fava con il quale Marinetti è ricordato in alcune targhe commemorative che li vogliono morti entrambi sul campo. 

Ma le ipotesi sulla sorte di Marinetti sono diverse: c'è chi sostiene non sia caduto a Croce, ma successivamente, tanto da essere nominato poi Generale. E chi, invece, ritiene sia morto il 15 giugno 1918, per le gravi ferite riportate sul campo nell'ultimo assalto nemico, come riporta anche la motivazione del conferimento della medaglia d'oro: «Comandante di un gruppo di batterie situate in una posizione avanzata, attese con sicuro animo l'annunciato sferrarsi dell'attacco nemico. Rimaste isolate le batterie e avuto l'ordine di resistere fino all'estremo, con la presenza e con l'esempio, incoraggiò l'ultima difesa, perché potessero essere tratte in salvo le batterie pesanti. Essendo state accerchiate alcune delle sue batterie, ordinò il fuoco di repressione sulle colonne avversarie, che ne trascinavano prigionieri i pochi serventi rimasti. Quindi, viste perdute le rimanenti batterie, raccolse i pochi superstiti nella casa del comando di gruppo e quivi si difese accanitamente col fucile e con bombe a mano finché, colpito al petto da una bomba lanciatagli da un avversario e gravemente ferito, si rovesciava all'indietro col suo consueto sorriso sulle labbra gridando: “Viva l'Italia!”». 


(Ringrazio Luca Antonioli per la segnalazione di questa storia)

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